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venerdì 8 novembre 2013

Cover-boy: l'ultima rivoluzione.


Paese di produzione: Italia
Anno: 2006
Regia: Carmine Amoroso

Interpreti e personaggi
Eduard Gabia: Ioan
Luca Lionello: Michele
Chiara Caselli: Laura
Francesco Dominedò: Mimmo
Gabriel Spahiou: Florin
Walter D'Errico: ferroviere
Susan Lay: Gea
Luciana Littizzetto: padrona di casa

Premi
Festival Politico di Barcellona 2007: miglior film
Med Film festival 2007: miglior film
Mostra del Cinema di Valencia 2007: migliore attore (Luca Lionello), migliore fotografia
Premi Sergio Leone 2007: miglior film
Transilvania International Film Festival 2007: migliore attore (Luca Lionello)
Est Film Festival 2008: Arco d'oro - miglior lungometraggio, Arco d'argento - premio del pubblico

Intro
Cover-boy (a volte Cover Boy, anche sottotitolato L'ultima rivoluzione) è un film italiano del 2006 di Carmine Amoroso.

È stato presentato alla prima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma del 2006. In seguito è stato proiettato in numerosi festival internazionali, ricevendo diversi premi, ma è uscito in poche sale italiane solo il 21 marzo 2008 grazie alla distribuzione dell'istituto Luce.

La pellicola prodotta a basso costo con un budget di soli 300 000 euro, è stata girata in formato digitale HDV Sony con una cinepresa maneggevole e di piccole dimensioni, il che ha consentito di risparmiare e girare riprese professionali in luoghi dove la macchina doveva restare nascosta.

Il film è stato uno dei cinque scelti per selezionare il candidato italiano per il premio Oscar al miglior film straniero. Il film scelto è stato poi Gomorra, mentre gli altri candidati erano Il divo, Giorni e nuvole e Tutta la vita davanti.

Ambientato principalmente a Roma fra il Pigneto e la stazione Termini, ha visto l'interpretazione come protagonisti di Eduard Gabia, nel ruolo di Ioan, e Luca Lionello, nei panni di Michele. Chiara Caselli ha impersonata Laura, una fotografa di successo. Il film ha visto anche la partecipazione di Luciana Littizzetto quale padrona di casa dell'appartamento concesso in locazione a Michele.


Trama
Il film racconta le vicissitudini di Ioan, un giovane di Bucarest rimasto orfano di padre durante la Rivoluzione rumena del 1989. Il ragazzo, spinto da un amico, decide di emigrare in Italia con un pugno di soldi per tentare di raggiungere una vita economica migliore.

Dopo un lungo viaggio in treno giunge da solo a Roma. Qui si trova immediatamente di fronte alla difficoltà di vivere senza quattrini.

Nella capitale italiana è obbligato a dormire per strada e a lavarsi in posti di occasione. Dopo qualche giorno, con la complicità di un altro immigrato sconosciuto, riesce ad intrufolarsi nel bagni adibiti agli inservienti della stazione Termini. Mentre i due si stanno lavando vengono scovati da Michele, un italiano che lavora come addetto alle pulizie per una società che sopravvive di appalti, il quale, per paura di perdere il posto di lavoro, caccia i due stranieri. Uscendo dai bagni lo sconosciuto approfitta della situazione per rubare un lettore CD di Michele.

La sera seguente Ioan, ancora spaesato e alla ricerca di un luogo dove coricarsi, decide di tornare negli spogliatoi del personale della stazione per passare la notte. L'indomani Michele lo scopre di nuovo e dopo una dura discussione per il piccolo furto del giorno precedente vengono alle mani. Ioan ha la peggio.

Al termine del diverbio Michele comprende che in realtà Ioan è innocente e capita la difficoltà dell'immigrato, gli offre un letto nella propria abitazione per pochi euro al giorno. Michele alloggia in un piccolo e vecchio appartamento di proprietà di un'attrice di scarso successo. Anche l'italiano non se la passa bene economicamente, e fa fatica a pagare il canone di locazione. La sua famiglia non lo ha potuto sostenere negli studi e così ha vissuto per vent'anni come precario rimbalzando da un lavoro ad un altro.

Michele e Ioan diventano presto amici: iniziano a mangiare assieme e a condividere momenti felici. Nel frattempo Ioan trova lavoro clandestinamente come meccanico presso un'officina sfasciacarrozze e, per un breve periodo, ottiene un po' di stabilità economica. I due sognano di risparmiare qualche soldo da investire in Romania, per abbandonare la loro precaria e difficile situazione lavorativa e aprire un ristorante sul delta del Danubio. L'italiano, ammaliato dal progetto e dal fascino del rumeno, che spesso ama osservare nella propria bellezza, poco a poco s'innamora del proprio convivente. Dopo qualche tempo, Michele, a causa di una riduzione del personale effettuata dalla società di pulizie per cui lavora, che ha perso l'appalto per la pulizia della stazione Termini, viene licenziato. Affranto e frustrato per il nuovo stato di disoccupazione, il quarantenne tenta di rimettersi subito all'opera recandosi all'ufficio di collocamento, ma il proprio curriculum non gli consente un immediato reimpiego. La paura di deludere Ioan e di non poter raggiungere il progetto comune spingono Michele a tacere il proprio licenziamento all'amico.

Il mese successivo a seguito di un controllo della polizia anche Ioan viene licenziato. Il rumeno scopre allora che anche Michele è senza lavoro e, deluso per la menzogna, dopo una lite, decide di tornare a vivere solo per la strada.

Michele, disperato per l'abbandono del suo amato, si butta per le vie della città finché non ritrova il ragazzo e riesce a convincerlo a ritornare a casa.

I due sono in grossa difficoltà economica e faticano a pagare l'affitto alla padrona di casa. Una mattina Ioan, girovagando per la città alla ricerca di un lavoro qualunque, incontra l'amico connazionale che lo aveva convinto a partire per l'Italia. Quest'ultimo sopravvive prostituendosi nell'ambiente omosessuale e prova a coinvolgere nel lavoro anche Ioan che però rifiuta seccamente.

Nei giorni seguenti per Michele e Ioan si aprono nuove prospettive. L'italiano viene assunto nuovamente da un'impresa di pulizie. Invece, nella vita del rumeno, quasi per caso, irrompe una famosa fotografa, Laura, che offre a Ioan un lavoro come ragazzo copertina e lo convince a trasferirsi a Milano. Michele, nonostante il ritrovato impiego, è affranto dalla partenza del ragazzo che ama e cade in depressione.

Intanto Ioan a Milano inizia la convivenza con Laura, con cui intraprende anche una relazione sessuale d'opportunità. Il rumeno si adatta abilmente all'attività di modello e riesce a risparmiare un po' di soldi e ad acquistare anche un'automobile. La relazione tra Ioan e Laura si interrompe bruscamente quando il rumeno si infastidisce del fatto che sia stata utilizzata una foto che lo ritrae come una sorta di profugo di guerra nudo, derivata da un fotomontaggio con una foto originale della Rivoluzione rumena del 1989 scattata dalla stessa fotografa Laura quando era fotoreporter di guerra, sfruttata per meri scopi pubblicitari per una marca di vestiario.

Ioan decide di tornare a Roma e durante il viaggio chiama telefonicamente a casa della padrona di casa (proprietaria anche dell'unico telefono fisso di entrambi gli appartamenti che funge da recapito anche per gli inquilini dell'appartamento affittato) per chiedere di Michele, ma questa stizzita per il tardo orario della telefonata non accetta di scendere al piano sottostante per passare la telefonata a Michele. Dunque Ioan prega la padrona di casa di riferire almeno il suo messaggio all'amico, ovvero che lui sta per tornare con la macchina per partire poi in Romania e realizzare il loro sogno, ma questa non si prende la briga neanche di passare il messaggio. Ioan raggiunge quindi Michele ma purtroppo egli, spinto dalla solitudine e dall'ennesimo fallimento in ambito professionale, si toglie la vita nello stesso appartamento in cui i due avevano convissuto in precedenza, senza sapere del messaggio di Ioan che forse avrebbe potuto salvargli la vita. Insieme avrebbero dovuto iniziare un viaggio on the road in Romania per realizzare il progetto di aprire un ristorante sul delta del Danubio, dove Michele avrebbe cucinato le specialità italiane. Ioan decide di partire da solo, per coronare il piccolo sogno concordato con l'amico: il ristorante si sarebbe chiamato "Da Ioan e Michele".



domenica 20 ottobre 2013

Addio al Mezzogiorno - Wystan H. Auden

Nell'estate del 1958, dopo un decennio circa di lunghissimi soggiorni estivi,  W. H. Auden abbandona l'isola di Ischia. Il suo piccolo paradiso italiano cominciava a risentire troppo del primo turismo di massa conseguente al boom economico, con i suoi effetti collaterali: folla, auto, motorette che invadevano le stradette dell'isola. Si veniva a interrompere così un lungo rapporto anche generoso con il Sud italiano e con la sua gente. Questa poesia, ricca di riferimenti mitologici e culturali (le Erinni, Mozart, Goethe e il Grand Tour ecc.), rappresenta il commiato definitivo del poeta, in partenza verso un villaggio austriaco, verso altre genti e altri climi. Il testo, che può essere letto anche come un acuto trattatello di antropologia culturale, è dedicato a Carlo Izzo, che ne è anche il traduttore. Izzo, uno degli anglisti più eminenti del Novecento italiano, era fautore della teoria etica o "umile" della traduzione letteraria, in cui  ci si deve porre in maniera quasi invisibile e mai invasiva al servizio dell'autore e del suo testo, come spiega nel suo libro "Responsabilità del traduttore, ovvero esercizio d'umiltà", del 1966.




GOOD-BYE TO THE MEZZOGIORNO (For Carlo Izzo)

Out of a gothic North, the pallid children
Of a potato, beer-or-whisky
Guilt culture, we behave like our fathers and come
Southward into a sunburnt otherwhere

Of vineyards, baroque, la bella figura,
To these feminine townships where men
Are males, and siblìngs untrained in a ruthless
Verbal in-fighting as it is taught

In Protestant rectories upon drizzling
Sunday afternoons — no more as unwashed
Barbarians out for gold, nor as profiteers
Hot for Old Masters, but for plunder

Nevertheless — some believing amore
Is better down South and much cheaper
(Which is doubtful), some persuaded exposure
To strong sunlight is lethal to germs

(Which is patently false) and others, like me,
In middle-age hoping to twig from
What we are not what we might be next, a question
The South seems never to raise. Perhaps

A tongue in which Nestor and Apemantus,
Don Ottavio and Don Giovanni make
Equally beautiful sounds is unequipped
To frame it, or perhaps in this heat

It is nonsense: the Myth of an Open Road
Which runs past the orchard gate and beckons
Three brothers in turn to set out over the hills
And far away, is an invention

Of a climate where it is a pleasure to walk
And a landscape less populated
Than this one. Even so, to us it looks very odd
Never to see an only child engrossed

In a game it has made up, a pair of friends
Making fun in a private lingo,
Or a body sauntering by himself who is not
Wanting, even as it perplexes

Our ears when cats are called Cat and dogs either
Lupo, Nero or Bobby. Their dining
Puts us to shame: we can only envy a people
So frugal by nature it costs them

No effort not to guzzle and swill. Yet (if I
Read their faces rightly after ten years)
They are without hope. The Greeks used to call the Sun
He-who-smites-from-afar, and from here, where

Shadows are dagger-edged, the daily ocean blue,
I can see what they meant: his unwinking
Outrageous eye laughs to scorn any notion
Of change or escape, and a silent

Ex-volcano, without a stream or a bird,
Echoes that laugh. This could be a reason
Why they take the sìlencers off their Vespas,
Turn their radios up to full volume,

And a minim saint can expect rockets — noise
As a counter-magic, a way of saying
Boo to the Three Sisters: 'Mortal we may be,
But we are stili here!' — might cause them to hanker

After proximities — in streets packed solid
With human flesh, their souls feel immune
To all metaphysical threats. We are rather shocked,
But we need shocking: to accept space, to own

That surfaces need not be superficial
Nor gestures vulgar, cannot really
Be taught within earshot of running water
Or in sight of a cloud. As pupils

We are not bad, but hopeless as tutors: Goethe,
Tapping homeric hexameters
On the shoulder-biade of a Roman girl, is
(I wish it were someone else) the figure

Of all our stamp: no doubt he treated her well,
But one would draw the line at calling
the Helena begotten on that occasion,
Queen of his Second Walpurgisnacht,

Her baby: between those who mean by a life a
Bildungsroman and those to whom living
Means to-be-visible-now, there yawns a gulf
Embraces cannot bridge. If we try

To 'go southern', we spoil in no time, we grow
Flabby, dingily lecherous, and
Forget to pay bills: that no one has heard of them
Taking the Pledge or turning to Yoga

Is a comforting thought — in that case, for all
The spiritual loot we tuck away,
We do them no harm — and entitles us, I think
To one little scream at A piacere,

Not two. Go I must, but I go grateful (even
To a certain Monte) and invoking
My sacred meridian names, Vico, Verga,
Pirandello, Bernini, Bellini,


To bless this region, its vendages, and those
Who call it home: though one cannot always
Remember exactly why one has been happy,
There is no forgetting that one was.



Traduzione

Addio al Mezzogiorno (per Carlo lzzo)

Usciti da un gotico nord, pallidi figli
D'una civiltà di patate e birra-o-whisky
E di colpa, ci comportiamo come i nostri padri e scendiamo
Nel Sud verso un riarso altrove

Di vigneti, barocco, la bella figura,
Queste femminili città dove gli uomini
Sono maschi e tutti fratello e sorella, ignari della spietata
Intima lotta verbale che s'insegna

Nei rettorati protestanti durante i piovigginosi
Pomeriggi domenicali, non più come lerci
Barbari in caccia d'oro, né come mercanti
Smaniosi dì Vecchi Maestri, ma pur sempre

Avidi di saccheggio: convinti, alcuni, che si faccia all'amore
Meglio nel Sud e molto più a buon mercato
(Il che è dubbio), persuasi altri, che l'esporsi
A un sole violento sia micidiale per i germi

(Il che è chiaramente balordo), e altri, come me,
Nella mezza età, mossi dalla speranza di scovare da
Ciò che non siamo quel che potremo essere in séguito, domanda
Che il Sud sembra non porsi mai. Forse

Una lingua nella quale Nestore e Apemanto,
Don Ottavio e Don Giovanni danno
Suoni egualmente belli, non è attrezzata
Per formularla, e forse in questa calura

Non ha senso: il mito d'una Strada Aperta
Che passa davanti al cancello dell'orto e invita
Tre fratelli ad andare uno dopo l'altro oltre i colli
E via lontano, è invenzione

D'un clima dove camminare è diletto,
E d'un paesaggio meno popoloso
Di questo. Pure, ci sembra molto strano
Non veder mai un figlio unico immerso

In un gioco almanaccato da lui, un paio d'amici
Scambiarsi scherzi in una lingua tutta loro,
O un non deficiente vagolare per conto suo,
Così come le nostre orecchie rimangono perplesse

Quando i gatti vengono chiamati gatto e i cani
Lupo o Nero o Bobby. Il loro modo di mangiare
Ci svergogna; non possiamo non invidiare un popolo
Così frugale per natura che non costa loro

Alcuno sforzo il non ingozzarsi e non sbevazzare: tuttavia (se
Leggo bene le loro facce dopo dieci anni)
Sono senza speranza. I Greci solevano chiamare il sole
Colui-che-colpisce-di-lontano, e da qui, dove

Le ombre hanno orli a taglio di lama, e l'oceano d'ogni giorno è azzurro,
Capisco che cosa intendevano: il suo occhio
Fermo e sdegnoso si fa beffe di qualsiasi idea
Di mutamento o evasione, e un muto

Vulcano spento, senza un corso d'acqua o un uccello
Echeggia quel riso. Questo è forse il motivo
Per cui tolgono il silenziatore dalle loro Vespe,
Aprono la radio al massimo,

E il menomo santo può aspettarsi i mortaretti — frastuono
Inteso per esorcismo, un modo di dare
La baia alle Tre Sorelle: «Può darsi che noi si sia mortali
Ma siamo ancora qui!» — e questo li rende forse desiderosi

Di contatti di gomito; in strade fittamente gremite
Di carne umana, le loro anime si sentono immuni
Da ogni minaccia metafisica. Noi siamo un po' sconcertati,
Ma abbiamo bisogno di esserlo: l'accettazione dello spazio, la

Convinzione che non è detto le superfici debbano essere superficiali
O i gesti volgari, non si possono veramente
Insegnare dove giunge all'orecchio il murmure dei torrenti
O in vista d'una nube. Come scolari

Non siamo malvagi, ma come maestri siamo impossibili: Goethe,
Che scandisce esametri omerici battendo il ritmo
Sulla scapola d'una ragazza romana, è
(Vorrei fosse un altro) l'immagine

Di tutto il nostro stampo. Senza dubbio la trattava bene,
Ma non ci si sente di chiamare
L'Elena generata in quell'occasione,
Regina della sua Seconda Walpurgìsnacht,

Figlia di lei: tra quelli che vedono nella vita un
Bildungsroman, e quelli per i quali vivere
Significa essere-visibili-ora, si spalanca un abisso
Sul quale gli abbracci non possono far ponte. Se cerchiamo

Di «meridionaìizzarci», in men che non si dica andiamo a rotoli,
Diventiamo flaccidi, lubricamente lussuriosi e
Dimentichiamo di pagare i conti: che mai si venga a sapere
Di loro che hanno fatto voto di non bere più o che si sono dati

Allo Yoga è un consolante pensiero — così con tutto
II bottino spirituale che portiamo via di soppiatto,
Non facciamo loro alcun male — e ci da il diritto, mi sembra,
Di rispondere con uno strilletto, non due,

Al loro «A piacere!» Devo proprio andarmene, ma me ne vado
Grato (perfino a un certo Signor Monte), e invoco
I miei sacri nomi meridiani: Pirandello,
Croce, Vico, Verga, Bellini,


Per benedire questo paese, le sue vendemmie e gli uomini
Che lo chiamano casa loro: sebbene non sempre si possa
Ricordare esattamente perché si è stati felici,
Non ci si dimentica d'esserlo stati.











domenica 7 novembre 2010

Buon Dwali 2011


Diwali, chiamata anche Dipavali o Deepawali (in sanscrito: दीपावली, in telugu:దీపావళి, in tamil: தீபாவளி in kannada:ದೀಪಾವಳಿ in sinhala:ද්‍ර්‍පවාලි) è una delle più importanti feste induiste, che si festeggia nel mese di ottobre o novembre. Simboleggia la vittoria del bene sul male ed è chiamata "festa delle luci", durante la festa si usa infatti accendere delle luci (candele o lampade tradizionali chiamate diya). In molte aree dell'India i festeggiamenti prevedono spettacoli pirotecnici.

La più popolare leggenda associata alla festa è quella che tratta del ritorno del re Rama della città di Ayodhya dopo 14 anni di esilio in una foresta. Il popolo della città al ritorno del re accese file (avali) di lampade (dipa) in suo onore, da qui il nome Dipawali o più semplicemente Diwali.

I festeggiamenti per Diwali si protraggono per cinque giorni nel mese indù di ashwayuja che solitamente cade tra ottobre e novembre, per induisti, giainisti e sikh è la celebrazione della vita e l'occasione per rinsaldare i legami con famigliari e amici. Per i giainisti rappresenta inoltre l'inizio dell'anno.

mercoledì 5 maggio 2010

Sonetto del buco del culo - Rimbaud & Verlaine


Albert Mérat era un poeta e scrittore conosciuto per le sue conquiste femminili e forse, la sua fama era stata fabbricata come si suole ancor fare oggi a Hollywood per non far sapere la verità. Comunque, nella primavera del 1872 s'era un po lasciato andare nel criticar Verlaine e Rimbaud che non si nascondevano di mostrar le loro tendenze gay. Il fatto é che anche Mérat era gay ma non voleva farlo sapere ed aveva appena scritto un libricino intitolato idolo e dove tutte le bellezze d'una dama erano cantate in sonetti come : Sonetto della fronte, sonetto degli occhi, sonetto del sedere e... . E cosí i due decisero di scrivere una parodia di un sonetto da aggiungere all'Idolo con la firma di Mérat. Come se l'avesse fatto lui. Per quelli che non lo sanno, in francese l'espressione Trou du cul (Pronuncia trù dü cü) si usa anche per insultar qualcuno. Un pó come noi diremmo testa di cazzo:-) Altra info: L'oeillet sarebbe il nostro garofano ma a quell'epoca era anche il sinonimo di ano.
Per la storia c'é anche un'aneddoto. Il pittore Fantin Latour che frequentava gli stessi posti, fece un quadro dove Albert Mérat doveva sedersi a destra del tavolo ma Meràt non si fece più vedere perché non voleva trovarsi con Verlaine e Rimbeaud che si riconoscono insieme sulla destra. Allora Latour decise di mettere un vaso di fiori al posto di Mérat (Che per fortuna non sono dei garofani:-)
Lo stesso anno Renoir dipingeva Vue de Bougival e Claude Monet faceva i Lilas au soleil due volte.
La prima parte é di Verlaine, la seconda parte é di Rimbaud (2x3)

Le sonnet du trou du cul

Obscur et froncé comme un œillet violet
Il respire, humblement tapi parmi la mousse
Humide encor d’amour qui suit la fuite douce
Des Fesses blanches jusqu’au cœur de son ourlet.

Des filaments pareils à des larmes de lait
Ont pleuré, sous l'autant cruel qui les repousse,
À travers de petits caillots de marne rousse
Pour s’aller perdre où la pente les appelait.

Mon Rêve s’aboucha souvent à sa ventouse;
Mon âme, du coït matériel jalouse,
En fit son larmier fauve et son nid de sanglots.

C’est l’olive pâmée, et la flûte caline;
C’est le tube où descend la céleste praline:
Chanaan féminin dans les moiteurs enclos!


Sonetto del buco del culo


Scuro ed arricciato come un garofano viola
Respira umilmente nascosto tra la schiuma
Umida ancor d’amor che segue la dolce fuga
Delle chiappe bianche fino al cuore del suo orlo

Dei filamenti come le lacrime di latte
Hanno pianto sotto l’ alquanto crudel che lo respinge
Attraverso i piccoli grumi di marna rossiccia
Per andarsi a perder dove la discesa li chiamava

Il mio sogno s’abboccò sovente alla sua ventosa
La mia anima gelosa del coito material
Ne fece il suo lacrimatoio fulveo e il suo nido da singhiozzi

E l’oliva in deliquio ed il coccolato flauto
E il tubo dove scende la celeste pralina
Cana femminile dall’umidezza recinto

Rimbaud & Verlaine

lunedì 5 aprile 2010

The love that dares speak its name - J. Kirkup


THE LOVE THAT DARES SPEAK ITS NAME
By James Kirkup

As they took him from the cross
I, the centurion, took him in my arms-
the tough lean body
of a man no longer young,
beardless, breathless,
but well hung.

He was still warm.
While they prepared the tomb
I kept guard over him.
His mother and the Magdalen
had gone to fetch clean linen
to shroud his nakedness.

I was alone with him.
For the last time
I kissed his mouth. My tongue
found his, bitter with death.
I licked his wound-
the blood was harsh
For the last time
I laid my lips around the tip
of that great cock, the instrument
of our salvation, our eternal joy.
The shaft, still throbbed, anointed
with death's final ejaculation

I knew he'd had it off with other men-
with Herod's guards, with Pontius Pilate,
With John the Baptist, with Paul of Tarsus
with foxy Judas, a great kisser, with
the rest of the Twelve, together and apart.
He loved all men, body, soul and spirit. - even me.

So now I took off my uniform, and, naked,
lay together with him in his desolation,
caressing every shadow of his cooling flesh,
hugging him and trying to warm him back to life.
Slowly the fire in his thighs went out,
while I grew hotter with unearthly love.
It was the only way I knew to speak our love's proud name,
to tell him of my long devotion, my desire, my dread-
something we had never talked about. My spear, wet with blood,
his dear, broken body all open wounds,
and in each wound his side, his back,
his mouth - I came and came and came

as if each coming was my last.
And then the miracle possessed us.
I felt him enter into me, and fiercely spend
his spirit's finbal seed within my hole, my soul,
pulse upon pulse, unto the ends of the earth-
he crucified me with him into kingdom come.

-This is the passionate and blissful crucifixion
same-sex lovers suffer, patiently and gladly.
They inflict these loving injuries of joy and grace
one upon the other, till they dies of lust and pain
within the horny paradise of one another's limbs,
with one voice cry to heaven in a last divine release.

Then lie long together, peacefully entwined, with hope
of resurrection, as we did, on that green hill far away.
But before we rose again, they came and took him from me.
They knew no what we had done, but felt
no shame or anger. Rather they were gald for us,
and blessed us, as would he, who loved all men.

And after three long, lonely days, like years,
in which I roamed the gardens of my grief
seeking for him, my one friend who had gone from me,
he rose from sleep, at dawn, and showed himself to me before
all others. And took me to him with
the love that now forever dares to speak its name.

giovedì 25 febbraio 2010

Rimbaud e i suoi doppi

Esce per "minimum fax" la biografia del leggendario poeta ad opera di Edmund White, uno degli intellettuali gay contemporanei più amati. Un viaggio tra le contraddizioni di una vita irripetibile.

Lo sapeva anche lui: “Je est un autre” (“Io è un altro”) scriveva un Arthur Rimbaud diciassettenne all'amico Paul Demeny. L'apparente paradosso conteneva in sé i germi dell'approccio visionario che farà di lui uno dei principali innovatori del linguaggio poetico di tutti i tempi, ma è anche un'efficace chiave di lettura per comprendere, nei limiti del possibile, una parabola esistenziale che ancora oggi presenta più di un aspetto oscuro. La doppia vita di Rimbaud cui allude il titolo del libro è in realtà la storia di molteplici duplicità. Innanzitutto quella più nota e strettamente biografica: la dirompente produzione poetica del ragazzo delle Ardenne si concentrò in un arco di tempo brevissimo, chiudendosi in maniera irreversibile all'età di soli 21 anni. Rimbaud passò il resto dei suoi giorni (pochi, morì trentasettenne) a vagare per l'Africa da avventuriero, adoperandosi in molti mestieri improvvisati, tra cui il raccoglitore di caffè e il mercante d'armi.

Prima ancora di questa cesura cruciale, tuttavia, ci fu lo sdoppiamento tra il Rimbaud di provincia, studente modello, taciturno e un po' oppresso dalla famiglia (in realtà soprattutto da una madre estremamente severa e religiosa) e l'adolescente inquieto, ribelle, sboccato, blasfemo, che sfogava le ansie esplorative e le velleità bohémien in ripetute fughe dalla noia domestica. Quando poi questo Rimbaud istintivo, dedito al vagabondaggio e allo sregolamento dei sensi, prese il sopravvento, lo fece sviluppando a sua volta una controparte contraddittoria: quella dell'intellettuale ambizioso, calcolatore, a tratti spregiudicato, capace tanto di abbrutirsi e perdersi nel flusso dei giorni quanto di riparare puntualmente presso la sicurezza della casa materna, con la coda tra le gambe, ogni qualvolta i soldi finivano o i guai superavano il limite di guardia.

E c'è infine il binomio omosessuale/eterossuale, all'epoca assai meno codificato e netto che al giorno d'oggi. L'opera di Rimbaud, specie agli inizi, è piena di riferimenti anche molto sentiti alla passione per le donne, ma è indubbio che fu il rapporto con il poeta Paul Verlaine a segnare maggiormente la sua vicenda umana e artistica. Un rapporto intenso e a tratti isterico, carnale, torbido, crudele, violento, errante (Parigi, Bruxelles, Londra), che alimentò dal profondo la produzione poetica di entrambi, affiorandovi con frequenza. Verlaine, talentuoso ma intrinsecamente debole e sottomesso, vide nel giovane genio il veicolo attraverso cui dare sfogo per interposta persona alla propria ribellione, sempre frenata dalle aspirazioni alla stabilità borghese. Rimbaud si servì del rapporto con l'intellettuale già affermato anche per perseguire le proprie ambizioni personali, ma non solo: lo scelse, caso unico nella sua vita, come compagno di viaggio e di creazione, e vi fu legato con una profondità emotiva e artistica da cui è impossibile prescindere nell'analisi della sua opera.
Edmund White torna a cimentarsi con la biografia di un autore fondamentale (dopo Jean Genet e Marcel Proust), tra quelli più capaci, nel corso del tempo, di continuare ad alimentare suggestioni. Sul fronte biografico, e attraverso un sapiente intreccio di fonti, White riesce a allentare la compressione prospettica che caratterizza, semplificandola, l'immagine iconica di Rimbaud, restituendo un ritratto tridimensionale quotidiano e intimo, collocato con precisione su uno sfondo storico e culturale tumultuoso, quello dell'occupazione prussiana della Francia, della Comune di Parigi, del Parnassianesimo. E' un testo agile e appassionante, che accanto alla ricostruzione biografica riesce a immergersi nell'analisi dei testi con notevole profondità, fornendo chiavi d'accesso anche alle fasi meno accessibili.

Edmund White, “La doppia vita di Rimbaud”
Traduzione di Giorgio Testa
minimum fax, pp. 186


venerdì 1 gennaio 2010

Christopher Isherwood: Un Inglese in Rivolta

Christopher Isherwood
Nascita: 1904
Morte: 1986
Nazionalità: Gran Bretagna
Professione: Scrittore

Sommario
1. Via dalla vecchia Inghilterra
2. Vita, prima della guerra
3. Partenza per gli Usa
4. La guerra, e Prabhavananda
5. Gli ultimi anni
6. La sua importanza

1. Via dalla vecchia Inghilterra

Nella primavera del 1929 su un treno, partito da Londra e diretto a Berlino, viaggiava un ragazzo inglese. Aveva quasi venticinque anni, era biondo, con gli occhi azzurri, una bella espressione limpida ed intelligente.

Il suo primo romanzo, intitolato All the conspirators, era appena stato pubblicato in Inghilterra e sarebbe stato stroncato dalla stampa.

Durante il lunghissimo viaggio (durava più di dieci ore) il giovane provava un senso di sollievo: si lasciava alle spalle la vecchia Inghilterra conformista in cui era cresciuto, una madre ligia alle convenzioni con cui non andava d'accordo, l'università di Cambridge in cui aveva ottenuto ottimi voti.

Berlino era allora (durante il governo socialdemocratico denominato "Repubblica di Weimar" che incominciato nel 1919 sarebbe finito nel 1933) una vera metropoli che attraeva centinaia di ragazzi e ragazze, artisti, studiosi, giramondo, avventurieri.

Era la città in cui era possibile vivere apertamente il proprio orientamento gay, con locali di ogni genere, riviste a tematica gay e lesbica che vendevano moltissime copie.

A Berlino era possibile incontrare anche un grande amore... e così accade a Isherwood, che conobbe un coetaneo dall'aria "gotica", che apparso silenzioso e annoiato si rivelò un giovane simpatico, proletario, dal carattere semplice, gaudente, fiducioso nella vita, istintivamente antinazista, sempre alla ricerca di prestiti, generoso se guadagnava qualcosa, senza un lavoro fisso e desideroso di viaggiare.

Pare questo il carattere del giovane tedesco, che nella realtà si chiamava Heinz, e a cui Isherwood si ispirò per creare il personaggio di Waldemar nel libro autobiografico Ritorno all'inferno, scritto nel 1962.

La loro storia d'amore durò circa cinque anni, verso il 1937 Heinz, che non riusciva ad ottenere un visto da nessun paese europeo, tornò in Germania dove fu arrestato dai nazisti. Nel 1939 fu obbligato ad andare in guerra e nel 1947 scrisse a Isherwood, che viveva da anni negli Stati Uniti, e che ritornò a Berlino, adesso nella zona controllata dai sovietici, per rivedere l'antico compagno.

2. Vita, prima della guerra

Christopher Isherwood era nato nel 1904 in una famiglia della piccola nobiltà inglese.

Suo padre, Frank, era stato un pittore e ufficiale dell'esercito britannico era stato dato per disperso in una battaglia in Francia nel 1915. Molto probabilmente era morto, e Isherwood scriverà nel 1971 un libro sui suoi genitori, intitolato Frank and Kathleen, ancora inedito in Italia.

La madre lo educò come volevano le regole sociali e Isherwood si ribellò ben presto al conformismo e ai privilegi della sua classe sociale.

Forse fu proprio la scoperta e l'accettazione della sua omosessualità a farlo diventare un ribelle alla "vecchia" Inghilterra colonialista.

Fin dall'università ebbe amici tra scrittori e poeti di idee radicali e soprattutto il coetaneo W. H. Auden, che era dichiaratamente gay e marxista.

Dieci anni dopo avrebbe raccontato la sua "educazione negli anni Venti" nel romanzo autobiografico Leoni e ombre, in cui appare anche Auden e in cui Isherwood svela i sentimenti, le mode, il gergo dei giovani inglesi colti del suo tempo.

Auden, che è giustamente considerato il maggior poeta inglese del Novecento, scrisse insieme a Isherwood tre drammi teatrali, ancora inediti in Italia (The dog beneath the skin nel 1935, The ascent of F6 del '196 e On the frontier nel 1938.

Nel 1939 Auden e Isherwood lasciarono insieme Londra per gli Stati Uniti.

La loro scelta fu invisa dalla stampa britannica: erano entrambi celebri e abbandonavano il paese quando la guerra era ormai imminente: il conflitto sarebbe scoppiata a settembre quando Hitler avrebbe invaso la Polonia.

Isherwood non aderì al marxismo nonostante l'amicizia con Auden e altri artisti: era un liberale di sinistra, ateo e pacifista.

3. Partenza per gli Usa

Il suo secondo romanzo, The memorial, era stato pubblicato nel 1932 da Virginia e Leonard Woolf nella loro prestigiosa casa editrice, la Hogarth Press.

Virginia Woolf ammirava Isherwood.

Il giovane romanziere era amico e grande ammiratore letterario anche di E. M. Forster, l'autore di Camera con vista e Passaggio in India, che gli mostrò il manoscritto di Maurice, il romanzo a tematica gay e autobiografico, che sarebbe stato edito solo dopo la morte di Forster nel 1971.

Insomma, Isherwood era uno dei protagonisti della vita intellettuale e sociale inglese e approdò in America dove, piuttosto al verde, riuscì a raggiungere Hollywood e venne assunto come sceneggiatore cinematografico.

Gli anni trascorsi a Berlino, in cui aveva vissuto impartendo lezioni d'inglese, lo avevano profondamente segnato, e nel 1935 aveva scritto un libro, Addio a Berlino, su alcuni personaggi conosciuti nella metropoli.

Tra loro spicca la simpatica e sventata Sally, a cui il coreagrafo-regista Bob Fosse si sarebbe ispirato per il suo film capolavoro Cabaret (1972), interpretata dalla grande cantante-attrice Liza Minnelli.

Nel 1939 uscì in Inghilterra un altro libro di Isherwood sugli anni berlinesi Il signor Norris se ne va.

4. La guerra, e Prabhavananda

In America Isherwood scelse di restare pacifista e decise di fare domanda come obiettore di coscienza nell'evento dell'entrata in guerra dell'America.

Isherwood era antinazista e aveva letto o assistito a Berlino alle violenze quasi quotidiane delle squadracce di Hitler. Non voleva però combattere contro i tedeschi per una ragione privatissima: non voleva rischiare di uccidere o ferire Heinz. Per quanto egli sapesse che era improbabile che al fronte si sarebbe ritrovato di fronte proprio l'armata in cui Heinz era obbligato a combattere aveva ipotizzato che questa eventualità non era impossibile. In alcuni libri raccontò questa scelta.

Nel 1940 Isherwood, che frequentava scrittori come il raffinato Aldous Huxley, attrici come Greta Garbo (che descrisse come innegabilmente affascinante) nonché tutto il mondo gay, velato o meno, della costa californiana, sentì il desiderio di fare una nuova esperienza umana e spirituale.

Vi era a Hollywood un centro della filosofia Vedanta e lo scrittore chiese al guru che lo guidava di essere ammesso, dichiarando nel primo incontro di essere gay.

Il guru lo accettò tra i discepoli ed ebbe inizio un rapporto umano straordinariamente bello, fatto di amore fraterno e rispetto reciproco, tra Isherwood e Prabhavananda, il cui nome, prima di diventare monaco induista, era stato Abanindra Nath Ghosch.

Il "tentativo" spirituale di Isherwood suscitò rispetto tra gli artisti e un certo dileggio nel mondo gay, soprattutto da parte di un affascinante e problematico "american gigolò" che Isherwood descrisse in due libri con il nome di Paul e poi di Danny.

Con Paul/Danny Isherwood visse un'amicizia e non un amore, cercò di aiutarlo in ogni modo, lo sostenne con ingenti aiuti economici e lo andò a trovare quando, dimenticato da tutti, era ammalato.

Alcuni amici di Isherwood andarono a lamentarsi con Prabhavananda del comportamento di Isherwood: frequentava bar gay, beveva troppo, sperimentava gli effetti dell'hashish e della mescalina, ospitava Paul o Danny a casa sua.

Il guru rispose: "Pregate per lui", dimostrando saggezza ed ironia.

Il guru insegnò a Isherwood la meditazione, l'amore verso il prossimo e moltissimo altro.

Il loro rapporto umano si concluse nel 1976 quando Prabhavananda morì.

Isherwood non volle diventare monaco perché non riuscì a liberarsi del desiderio sessuale e della passione per gli alcoolici.

5. Gli ultimi anni

Nel 1953 incontrò il grande amore della sua vita: un ragazzo americano di 19 anni, Don Bachardy, studente di disegno, e in seguito artista, con cui convisse fino alla morte.

Isherwood morì in California, a 82 anni, nel 1986: probabilmente aveva raggiunto quell'equilibrio e quella serenità a cui aspirava.

Sei anni prima aveva pubblicato un libro Il mio guru, in cui raccontava, nel suo stile chiaro e lineare, la sua esperienza mistica come seguace della filosofia Vedanta.

Isherwood aveva attraversato tutte o quasi le grandi esperienze del Novecento: da giovane si era ribellato all'Inghilterra più retrograda e aveva vissuto l'impegno civile e politico, era diventato uno scrittore famoso, in Germania era stato antinazista e in America pacifista.

Da ateo, educato nella chiesa anglicana, era approdato ad una filosofia millennaria, lontanissima da tutte le sue precedenti esperienze di vita.

Il suo guru aveva accettato i "difetti" di Isherwood che lui stesso descrisse in alcuni libri: la vanità, il desiderio di restare sempre giovane, il recitare, ma il guru aveva anche scoperto le "qualità" del suo discepolo: la bontà, la capacità di mettersi in discussione, l'introspezione.

L'amore tra Isherwood e Don Bachardy dimostra anche che non è vero il luogo comune secondo cui gay e lesbiche non sarebbero in grado di vivere lunghe e solide storie d'amore.

Anche la scrittrice belga-francese Marguerite Yourcenar, l'autrice di Memorie di Adriano, convisse circa quarant'anni con la sua compagna Grace Frick.

I romanzi di Isherwood sono quasi tutti autobiografici, pare anche l'inedito The world in the evening, del 1954, ambientato a Hollywood.

Solo Un uomo solo non lo sembra. E' un romanzo breve, molto intenso, che rievoca un giorno qualsiasi di vita di un gay anziano nella California delle grandi autostrade e della rivolta hippy.

Ottobre è una scelta di alcuni brani diaristici in cui Isherwood annota con serenità un mese della sua vita insieme a Don Bachardy.

Isherwood scrisse anche un libro, di stile giornalistico, sulla guerra in Cina nel 1939, che viene descritto dai critici come un ottimo reportage.

6. La sua importanza

L'importanza di Isherwood come autore non è solo nel suo talento letterario e nel suo stile limpido, ma anche nel fatto che le persone che, in avvenire, vorranno capire qualcosa di un secolo come il Novecento in occidente, dovranno leggere le sue storie inglesi, berlinesi, americane.

La serenità con cui lo scrittore visse la sua omosessualità aiutò molto il coraggio e la visibilità di altri gay.

E' anche grazie a questo inglese ribelle se oggi c'è un Movimento glbt negli Stati Uniti e in Europa.

Egli aveva anche proposto una sorta di test per valutare i progressi di una nazione: dal modo in cui i partiti politici e i governi giudicavano gli omosessuali si sarebbe visto il livello di progresso di una nazione.

Già Karl Marx aveva proposto, nel secolo precedente, di valutare la civiltà di un paese da come erano considerate e trattate le donne...

Culturagay.it


domenica 4 ottobre 2009

Zamel di Franco Buffoni

"Perché è vero, tutto comincia con un insulto, sentito da bambino e non indirizzato a te, poi lo senti indirizzato a te e sogni di potertene liberare, ma dentro di te già sai che non sarà possibile. L’insulto è il primo e più dirompente mezzo di conoscenza che il mondo presenta all’omosessuale. Ancora peggio dell’insulto, è la barzelletta ascoltata da bambini in famiglia, la battutadel fratello maggiore, del cugino opersino del padre. Sono queste parole che per primecreano la nostra identità".

Nabil si sente insultato, quando Aldo lo chiama zamel, frocio, dopo aver fatto l’amore con lui.

Reagisce con violenza, lo uccide. Un epilogo tragico della nuova vita in Tunisia che Aldo aveva sognato come rifugio per sé, omosessuale che si sentiva ‘sbagliato’.

Tra grigliate di pesce, incroci di sguardi amorosi e chiacchierate sulla spiaggia, l’amico Edo aveva tentato di convincere Aldo che non esiste colpa o malattia, ma una libertà sessuale da affermare, diritti da acquisire.

Gli aveva ricordato storie di repressione e autorepressione:Wilde, Pasolini, Whitman, Pavese, Montale. Ma i fantasmi culturali di Aldo sono duri a morire…

Un romanzo senza finzioni sul potere di uccidere delle parole.

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Franco Buffoni (Gallarate 1948), vive a Roma. Esordisce come poeta nel 1978 su «Paragone» presen tato da Giovanni Raboni. Ha pubblicato le raccolte di poesia Nell’acqua degli occhi (Guanda 1979), I tre desideri (San Marco dei Giustiniani 1984, Premio Biella), Quaranta a quindici (Crocetti 1987), Scuola di Atene (Arzanà 1991, Premio Sandro Penna), Adidas. Poesie scelte 1975-1990 (Pieraldo editore 1993), Suora carmelitana e altri racconti in versi (Guanda 1997, Premio Montale), Songs of Spring. Quaderno di traduzioni (Marcos y Marcos 1999, Premio Mondello), Il profilo del Rosa (Mondadori 2000, Premio Betocchi), Theios (Interlinea 2001), Del Maestro in bottega (Empiria 2002, Premio Pascoli e Premio Pavese), Guerra (Mondadori 2005, Premio Dedalus della critica e Premio Pasolini), Croci rosse e mezze lune (Quaderni di Orfeo, Como 2007), Noi e loro (Donzelli 2008). Nel 1989 ha fondato e tuttora dirige il semestrale di teoria e pratica della traduzione lettraria «Testo a fronte». Per Marcos y Marcos ha curato i volumi Ritmologia (2002), Mario Praz vent’anni dopo (2003) e La traduzione del testo poetico (2004). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005) e curato opere di Byron, Coleridge, Wilde, Kipling. È autore di Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità (Sossella 2006, Premio Giacomo Matteotti 2008), del romanzo Reperto 74 (Zona 2008) e dei saggi Con il testo a fronte. Indagine sul tradurre e l’essere tradotti (Interlinea 2007), L’ipotesi di Malin. Studio su Auden critico-poeta (Marcos y Marcos 2007) e Mid Atlantic. Teatro e poe sia nel Novecento angloamericano (Effigie 2007). È giornalista pubblicista e professore ordinario di Critica Letteraria e Letterature Comparate. [www.francobuffoni.it]

venerdì 11 settembre 2009

Stieg Larsson - Uomini che odiano le donne

Stieg Larsson, nome completo Karl Stig-Erland Larsson (Skellefteå, 15 agosto 1954 – Stoccolma, 9 novembre 2004), è stato uno scrittore e giornalista svedese.

Esperto conoscitore di organizzazioni di estrema destra e neonaziste, è stato fondatore della rivista antirazzista Expo, consulente di Scotland Yard e corrispondente dal Regno Unito, consulente del Ministero della Giustizia svedese, inviato per l'OSCE. È morto improvvisamente per un attacco cardiaco nel 2004. Dopo la sua morte sono stati pubblicati i suoi romanzi polizieschi, facenti parte della trilogia Millennium. Secondo una ricerca della rivistra francese Livres Hedbo Stieg Larsson è stato l'autore più letto in tutta Europa nel periodo tra marzo 2008 ed aprile 2009.
Biografia [modifica]

Cresciuto dai nonni materni, Larsson inizia a lavorare facendo i mestieri più vari. Nel 1983 diventa grafico presso l'agenzia di stampa svedese Tidningarnas telegrambyrå (TT)[3]. Poco alla volta si orienta verso il giornalismo diventando critico letterario (romanzi polizieschi e fumetti soprattutto).
Nel 1995, dopo l'omicidio di cinque ragazzi a Stoccolma per mano di estremisti di destra, lascia Tidningarnas telegrambyrå per fondare la rivista trimestrale EXPO, con intenti antirazzisti, rivista che sarà schierata in prima linea contro il rigurgito neofascista in Svezia[4]. La battaglia di Stieg Larsson contro il razzismo, il fascismo e l'estremismo di destra è assolutamente seria: nel 1991 scrive, insieme a Anna-Lena Lodenius, Extremhögern (Estremismo di destra). Dieci anni dopo pubblica (a quattro mani con Mikael Ekman) Sverigedemokraterna: den nationella rörelsen (Democratici svedesi: il movimento nazionale). Comincia a tenere conferenze in tutto il mondo, Londra compresa, dove viene invitato da Scotland Yard, con cui inizierà a collaborare. In più occasioni riceve minacce di morte.

Politicamente, Stieg Larsson è stato un attivista del partito socialista svedese che lascerà di sua volontà nel 1987 in contrasto con la scarsa democratizzazione dei Paesi del socialismo reale.

Dal punto di vista letterario, egli si ispira certamente alla cultura popolare. Grande fan di Pippi Calzelunghe[5][6], il personaggio creato nel 1945 da Astrid Lindgren, Larsson è stato anche lettore appassionato e profondo conoscitore di fantascienza.

L'autore è morto il 9 novembre 2004 a Stoccolma a causa di un infarto, nella redazione del suo giornale EXPO[7]. Il testamento del 1977, con cui egli disponeva la sua eredità a favore dell'allora partito comunista svedese, è stato ritenuto non valido, per cui i suoi beni ed i proventi della vendita dei libri spettano al fratello ed al padre, Joakim ed Erland. Nessun diritto all'eredità è stato riconosciuto alla sua compagna di sempre, l'architetto Eva Gabrielsson con cui aveva vissuto per 32 anni.[8].

Bibliografia
Sino al 2004, anno della sua morte, Larsson aveva pubblicato solamente saggi sulla democrazia svedese e sui movimenti di estrema destra. Solo poco prima di morire Larsson contattò una delle principali case editrici svedesi, la Norstedts, e consegnò una serie di tre romanzi polizieschi che costituiscono la trilogia Millennium. Larsson aveva pensato ad una serie di dieci romanzi e prima di morire aveva già sviluppato il quarto ed il quinto volume. In seguito alla sua morte, la trilogia conobbe un enorme successo, dapprima in Svezia quindi in Francia, dove fu pubblicato dalla casa editrice Actes Sud, poi in tutta Europa divenendo il caso letterario dell'anno: finora sono stati venduti 8 milioni di copie. Attualmente i suoi libri sono tradotti in 25 paesi. In Italia i suoi libri sono stati tutti pubblicati dalla casa editrice Marsilio.

Romanzi
La trilogia Millennium è composta da:
* 2005 - Uomini che odiano le donne (Män som hatar kvinnor), Marsilio, 2007.
* 2006 - La ragazza che giocava con il fuoco (Flickan som lekte med elden), Marsilio, 2008.
* 2007 - La regina dei castelli di carta (Luftslottet som sprängdes), Marsilio, 2009.
Curiosità
* Lo scrittore francese Guillaume Lebeau ha pubblicato un libro dedicato al mistero del quarto volume della serie Millennium: Le Mystère du Quatrième Manuscrit: enquête au coeur de la série Millénium edito da Les Éditions Du Toucan. Nel 2009 la casa editrice Vallardi ha pubblicato la traduzione del libro: Guida alla trilogia Millenium. Inchiesta sulla vita, i luoghi e i romanzi di Stieg Larsson. Subito dopo la trilogia, Larsson avrebbe scritto il quinto episodio della serie, saltando il quarto. Il volume, secondo alcune fonti, sarebbe completo, pronto per la pubblicazione: probabilmente sono le vicissitudini legate all'eredità ad ostacolarne l'uscita.
* Il Corriere della Sera ha pubblicato il 6 gennaio alcune mail della primavera del 2004 tra Larsson e la sua casa editrice svedese. Dalla lettura delle mail si apprende come Larsson abbia costruito la serie in maniera originale. I personaggi principali si distinguono dagli stereotipi dei libri gialli: Mikael Blomkvist non ha nessuna ossessione particolare o "angoscia esistenziale" e si comporta come "una bambolona", mentre Lisbeth Salander è decisamente poco femminile. Anche la grande attenzione alla descrizione di personaggi secondari, come anche la descrizione dei reati, costruita mescolando casi realmente accaduti, è una consapevole scelta dell'autore nel tentativo di rendere più credibili le vicende raccontate.

giovedì 6 agosto 2009

Sto Leggendo...

In questi giorni d'estate mi aggiro per la città e per le sue librerie, lieto di avere trovato tra gli scaffali di una vecchia libreria del centro storico questo libro. Sobbalzato ai miei occhi improvvisamente, quasi a dire prendimi. Lo scrittore è uno dei miei preferiti. Indimenticabile il suo romanzo Colazione da Tiffany e A sangue Freddo. Questo è stato il suo primo romanzo, lo ha fatto conoscere al pubblico e lo ha fatto diventare immediatamente famoso.
Riporto un commento su questo libro da parte di uno scrittore italiano:

Truman Capote è uno scrittore controverso e geniale, ha raggiunto risultati strabilianti nella letteratura: “Colazione da Tiffany” e “A sangue freddo” sono libri indimenticabili, divenuti eventi cinematografici. Il suo primo romanzo fu “Altre voci, altre stanze”, in esso emerge il gusto inconfondibile della melodia verbale, volta all’elaborazione della frase, calibrata fino al minimo dettaglio, tesa a restituirci il fascino del movimento e del controllo. Leggendo Capote si viaggia all’interno di un vortice, infrangendo la dimensione della fisicità, ed è come se le emozioni franassero, fotogramma dopo fotogramma, in una gradazione di sfumature così variegata e studiata che si riesce a mutare prospettiva tra un passaggio e l’altro. Idealmente ci si siede su una poltrona comoda, ci si rilassa, e lentamente i personaggi si tirano dietro il loro mondo decadente, si colgono le voci, le ombre, le paure, la vertigine della storia. Capote disse della sua maniera di scrivere: “Intendo mantenere il controllo stilistico ed emozionale sul materiale. Si dirà che sono pignolo, ma secondo me un racconto può essere rovinato dal ritmo sbagliato di una frase – soprattutto verso la fine – o da un errore in un capoverso, perfino nella punteggiatura. Henry James è l’esperto del punto e virgola. Hemingway è uno scrittore di capoversi di prima classe. Dal punto di vista del suono, Virginia Woolf non ha mai scritto una frase fatta male. Con questo non voglio dire che io ci riesca sempre. Ci provo, tutto lì.” Due esempi concreti si hanno nei seguenti passaggi del suo libro di esordio “Altre voci, altre stanze”: “Inerte come un pupazzo di stoffa, Joel stava sdraiato sopra un sacco a mo´ di materasso e spenzolava le gambe dall´estremità posteriore del carro. Le stelle brinavano il cielo meridionale come un intrico di pampini, ed egli cercava di collegare questi splendenti rami fino a creare immagini dal candore di ghiaccio: una siepe, dei fiori fantastici, un gatto nel momento del balzo, il profilo di una testa umana e altri strani disegni simili a quelli prodotti dai fiocchi di neve. Tre quarti di luna splendevano di una vivida luce rossastra; il vento della sera faceva misteriosamente ondeggiare gli scialli di muschio drappeggiati sui rami degli alberi. Qua e là, nelle morbide tenebre, le lucciole si facevano segnali l´un l´altra, quasi si trasmettessero messaggi in codice. Egli ascoltava, pago e tranquillo, lo stridere armonioso degli insetti notturni.” Ed ecco il disfacimento del mondo, l’affresco del mutevole fluire del tempo, del rincorrersi delle stagioni degli uomini e il senso stesso del titolo rivelato al lettore: “Così la signora Jimmy Bob andò a St. Louis, affittò una stanza, cosparse il letto di petrolio, vi si sdraiò e accese un fiammifero. Lo Stagno degli Annegati. Questo era il nome che la gente di colore gli aveva dato. Lentamente l´antica melma del ruscello, filtrando attraverso melma calcarea, tinse le acque di un colore livido; i prati, la strada, i sentieri, tutto tornò allo stato selvaggio; l´ampia veranda si incurvò; i camini affondarono nella terra paludosa; alberi sradicati dalla tempesta si appoggiarono al portico e le serpi d´acqua, scivolando tra le corde, fecero musica notturna sul pianoforte mezzo sfasciato della sala da ballo. Era un albergo dall´aspetto sinistro, terrificante. Ma little Sunshine vi rimase: era la sua casa per diritto disse, perché, se fosse andato via, come una volta aveva fatto, altre voci, altre stanze, voci perdute e fievoli, avrebbero echeggiato nei suoi sogni.” Geniale!

Truman Capote: La Vita


« New York è il luogo dove nascondersi, smarrire o scoprire se stessi. »

Truman Capote (New Orleans, 30 settembre 1924 – Bel Air, 25 agosto 1984) è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo statunitense.

Figlio di Archulus Persons e Lillie Mae, Truman Steckfus Persons nacque a New Orleans il 30 settembre 1924. Dopo il divorzio dei genitori, dall'età di sei anni, crebbe a Monroeville, in Alabama presso dei parenti. La madre gli faceva occasionalmente visita e lo portava con sé durante gli incontri con i suoi amanti, chiudendolo a chiave al buio in una stanza d'albergo. Il padre, uno sconclusionato sempre alla ricerca di una facile ricchezza, si eclissò e fece la sua ricomparsa solo molti anni dopo, quando Truman era già lo scrittore più famoso degli Stati Uniti, chiedendo soldi e regali. Il piccolo Truman visse una terribile infanzia, con l'unico conforto dell'affetto della cugina Sook e dell'amica del cuore Harper Lee, che diventerà famosa con la pubblicazione del libro "Il buio oltre la siepe" (To kill a mockingbird), vincitore del Premio Pulitzer, romanzo in cui appare un ritratto di Truman nel bambino Dill.

Studente molto dotato, Truman venne sistematicamente isolato e deriso a causa dei suoi modi effeminati e della sua prorompente fantasia, caratteristiche certamente poco apprezzate in uno stato del sud, con l'unica eccezione della sua insegnante di inglese del college. Leggeva qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani e all'età di dodici anni aveva già una conoscenza letteraria degna di un adulto colto, vincendo tutti i premi letterari scolastici esistenti.

Trasferitosi a New York con il secondo matrimonio della madre, che disprezzava apertamente, e assunto per dispetto il cognome del patrigno, Joe Capote, Truman si impiegò come fattorino presso la nota rivista letteraria New Yorker pur di cominciare a frequentare il mondo del giornalismo. Presentatosi ad un convegno come inviato della rivista (della quale in realtà era solo uno dei fattorini), provocò involontariamente l'ira del famoso poeta Robert Frost, che protestando con il direttore del New Yorker fece licenziare in tronco Truman.

Pubblicò alcuni racconti su Harper's Bazaar e cominciò a scrivere per il Southern Gothic Novelist che contribuì a costruirne il mito, alimentando la sua fama di personaggio contemporaneamente piacevole e arrogante.

Il racconto Miriam, pubblicato su una rivista femminile, gli decretò un insperato ed eclatante successo. Da allora iniziò a frequentare i salotti mondani di New York, vestendo i panni dell'intellettuale dandy e divenendo ben presto amico di personalità come Jackie Kennedy, Humphrey Bogart, Ronald Reagan, Andy Warhol, Tennessee Williams e molti altri. Un carattere difficile ed irriverente aggravato, agli occhi della società, da una mai nascosta omosessualità, lo condussero lungo tutta la vita sempre ai limiti dell'eccesso.

A imporlo definitivamente come scrittore fu il primo romanzo, Altre voci, altre stanze (1948), storia gotica sull'ambiguità descritta da Capote come "tentativo di esorcizzare i demoni" e successivamente Colazione da Tiffany.

Nel 1954 scrisse assieme al musicista Arold Harlen la sceneggiatura ed i testi delle canzoni per il musical House of Flowers.

Un fatto di cronaca nera, l'assassinio di un'intera famiglia avvenuto nelle campagne del Kansas lo colpì tanto da spingerlo a fare lunghe ricerche e a lavorare per sei anni alla più celebre delle sue opere, A sangue freddo (1966), uscita a puntate sul "New Yorker". Il romanzo fu, nelle intenzioni dell'autore, il capostipite di un nuovo genere letterario, il "romanzo verità", e la sua stesura scosse Truman Capote al punto da fargli dire che "nella mia vita nulla sarà più come prima". In una famosa intervista successiva, Capote affermò che in uno dei due giovani assassini protagonisti del fatto egli aveva intravisto chi sarebbe stato se non avesse intrapreso una vita diversa, uscendo dalla propria triste infanzia dalla porta principale piuttosto che da quella sul retro, come invece accadde per il protagonista del romanzo, accomunato allo scrittore da molti aspetti, la madre alcolizzata, il padre assente, la solitudine, l'abbandono affettivo e il disprezzo della gente.

Il ballo in maschera al Plaza Hotel, il "Ballo in Bianco e Nero", con cui Capote festeggiò l'ultima puntata del romanzo, venne riportato in prima pagina da tutti i giornali e divenne subito un evento - icona; per diverso tempo lo scrittore tenne banco sulle prime pagine dei quotidiani, fianco a fianco agli articoli sui summit Usa-Urss e alle principali notizie di cronaca mondiale.

Nel 1971 il poeta Kenwald Elmslie e il musicista Claibe Richardson sceneggiarono il romanzo autobiografico The Grass Harp in un musical, riscuotendo un magro successo.

Per anni lavorò ad un nuovo romanzo, Preghiere esaudite, che resterà incompiuto: nell'intento dell'autore esso avrebbe dovuto condensare tutto ciò che Capote aveva osservato vivendo a contatto col jet set.

Se A sangue freddo resta l'opera più nota di Capote, Preghiere esaudite ne rappresenta significativamente la parabola discendente. Concepito come un'opera di ispirazione proustiana, un grande affresco del "regno del nulla" rappresentato dalle vicende meschine e fin troppo umane dei divi del jet set newyorkese, in realtà il romanzo costò a Truman l'amicizia di tutti i suoi ricchi amici, eccetto pochissime eccezioni. Da quel momento Capote scivolò in una spirale senza via d'uscita di alcolismo e tossicodipendenza.

"Sono un alcolizzato. Sono un tossicomane. Sono un omosessuale. Sono un genio." Così titolava un giornale di New York di quel periodo, pubblicizzando un'intervista allo scrittore; la sua controversa figura è tuttora oggetto di discussioni e dibattiti, la sua esistenza estetizzante e distruttiva ne fa un Oscar Wilde contemporaneo o, come ha scritto James Michener: "Il Thomas Chatterton moderno: senza dubbio brillante, senza dubbio incandescente, senza dubbio maledetto".

L'ultimo periodo della sua vita fu contrassegnato da relazioni fallimentari con uomini che ebbero come unico fine il suo denaro; Truman, ormai intossicato dai sonniferi, sviluppò una grave forma di epilessia, che unita all'abuso di superalcolici ne compromise velocemente la salute. Ritiratosi dal bel mondo, rinnegato dai divi della high society, sfruttato dagli amanti e abbandonato da Jack, il compagno di sempre, Capote passò intere settimane a letto, a bere e dormire: in una di queste fasi di ritiro venne soccorso da due degli amici rimasti, che lo trovarono in stato di semi incoscienza, coperto di feci e bottiglie vuote di vodka.

Venne ricoverato varie volte in ospedale a New York e intraprese due percorsi di disintossicazione che non sortirono effetti apprezzabili a lungo termine.

Truman Capote morì per una cirrosi epatica il 25 agosto 1984, mentre si trovava a Los Angeles, ospite della fedele amica Joanne Carson. "Mamma..." fu l'ultima parola che pronunciò prima di spirare.

giovedì 12 marzo 2009

Daffodils - William Wordsworth

Daffodils

I wandered lonely as a cloud
That floats on high o'er vales and hills,
When all at once I saw a crowd,
A host, of golden daffodils;
Beside the lake, beneath the trees,
Fluttering and dancing in the breeze.

Continuous as the stars that shine
And twinkle on the milky way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.

The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:
A poet could not but be gay,
In such a jocund company:
I gazed--and gazed--but little thought
What wealth the show to me had brought:

For oft, when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude;
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the daffodils.

By William Wordsworth (1770-1850)

domenica 8 marzo 2009

Le temple vivant - Charles Baudelaire

Le Temple Vivant
La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L'homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l'observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

Il est des parfums frais comme des chairs d'enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
- Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,

Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.

Charles Baudelaire (1821-1867)

mercoledì 4 marzo 2009

Efestione

Il nome originale di Efestione era Hephaistion, successivamente è stato latinizzato in Hephaestion. Hephaistion non era un nome comune in Macedonia, ma era abbastanza diffuso ad Atene: forse la sua famiglia era originaria di Atene, ma Efestione è nato a Pella nel 356 a.C. Suo padre si chiamava Amyntor (o Amyntas), e pare fosse un nobile intellettuale di notevole peso politico. Non conosciamo il nome di sua madre, ma probabilmente il nonno si chiamava Demetrios.

Efestione venne educato a Mieza con Alessandro e gli altri suoi compagni (Seleuco, Lisimaco, Tolomeo, Perdicca, Nearco, Leonnato e Filota), ma solo con il futuro re strinse un’amicizia profonda, destinata a perdurare oltre la morte. Crebbero insieme condividendo il mito di Achille e Patroclo e, durante la conquista dell’Asia Minore, si fermarono a Troia per compiere un sacrificio solenne sulle loro tombe. Alessandro si identificava in Achille, di cui era anche antenato, mentre Efestione si identificava in Patroclo.

Curzio Rufo racconta che, dopo la vittoria di Isso, Alessandro andò assieme ad Efestione a parlare a Sisisgambe (la madre di Dario) per prometterle che avrebbe trattato la sua famiglia con il massimo rispetto. Questa si buttò ai piedi di Efestione pensando che lui fosse il re, poi, accorgendosi dell’errore, si inginocchio davanti ad Alessandro, che gli rispose: «Non hai sbagliato, madre. Infatti anche lui è Alessandro». Raccontando questo aneddoto, Curzio Rufo ci regala l’unica vera descrizione dell’aspetto fisico di Efestione:

"Efestione era di gran lunga il più caro tra tutti gli amici del re, era stato educato assieme a lui ed era il custode di tutti i segreti. Nessun altro aveva più libertà di lui nell’ammonire il re, ma lo faceva in un modo che sembrava concesso dal re, non arrogato da lui stesso. Anche se erano pari d’età, Efestione aveva una corporatura più fiera."

Dopo la battaglia di Isso, Efestione ricevette un incarico molto importante. Alessandro aveva deciso di non inseguire Dario, ma di marciare lungo la costa per conquistare i porti persiani, ed incaricò Efestione di trovare un re per uno di questi porti, Sidone. Efestione scelse un tale Abdalonymus (forse era un semplice contadino), che regnò a lungo su Sidone.

Durante l’assedio di Tiro, Efestione fu a capo la flotta macedone assieme a Nearco. Quando l’esercito si diresse verso sud verso l’Egitto, egli guidò la flotta lungo la costa per garantire i rifornimenti ai compagni. In Egitto, un amico di Demostene (un rivale di Alessandro) supplicò Efestione di mettere una buona parola su Demostene. Questo piccolo episodio ci mostra che Efestione non era soltanto la spalla del re, ma era anche riconosciuto da tutti come tale.

Prima della battaglia di Gaugamela, Efestione fu ferito ad un braccio durante una battaglia vicino al fiume Tigri, e si dice che Alessandro abbia raccolto personalmente delle erbe curative per la sua ferita. Si pensa che egli, assieme a Cratero e Nearco, sia stato l’esecutore di Filota. Cratero e Nearco avevano molti motivi politici per farlo, mentre Efestione era mosso semplicemente dalla furia verso colui che aveva attentato alla vita di Alessandro. Dopo l’esecuzione di Filota divenne, con Clito, il comandante della cavalleria macedone.

Numerosi scritti fanno pensare che Efestione fosse un eccellente stratega e un abile diplomatico, più che un generale nel vero senso del termine. Fu sovrintendente alla costruzione di città, fortezze e ponti, e guidò i negoziati con i nobili Persiani e i raja Indiani. Cratero non vedeva di buon occhio tutta la sua importanza, e in India i due litigarono furiosamente. Quando Alessandro lo venne a sapere corse a separarli dicendo ad Efestione: "Senza di me, tu non sei nulla", e a Cratero "Tu sei amico del re, mentre Efestione è amico di Alessandro."

Dopo questo episodio, Alessandro rimandò Cratero in Macedonia come reggente, e mando Efestione e Nearco nell’India Meridionale per pianificare un nuovo insediamento.
Dopo la disastrosa campagna di Gedrosia in cui quasi metà della spedizione rimase uccisa, Alessandro ordinò di organizzare un banchetto in onore di Dioniso per festeggiare i sopravvissuti: in questa occasione regalò ad Efestione una grossa corona di oro massiccio e lo nominò Ciliarca (la carica che era rimasta vacante dopo l’esecuzione di Bagoas, non l’eunuco ballerino ma colui che aveva assassinato vari re persiani). Questa carica, la più importante dopo quella di Alessandro stesso, lo rese nemico di Eumene.

Prima della nuova campagna d’Arabia, che non ebbe mai luogo, Alessandro indisse lo sposalizio di Susa per se e per i suoi ufficiali. Tutti i generali sposarono aristocratiche persiane per incoraggiare la mescolanza tra le due razze, Alessandro sposò Statira, figlia di Dario III, e diede Drypetis, la sorella minore, in sposa ad Efestione. Voleva che nelle vene dei loro figli scorresse lo stesso sangue, ma sfortunatamente questo non accadde mai.

Da Susa, Alessandro riportò l’esercito ad Ecbatana e ordinò di organizzare grandi giochi. In quei giorni Efestione si ammalò di febbre e nausea. Certamente il suo indissolubile amore per Alessandro gli aveva procurato molti nemici a corte e nell’esercito, ma non si può escludere che egli si sia ammalato davvero. Probabilmente nemmeno Alessandro seppe mai se Efestione era morto per avvelenamento o no.

L'ira di Alessandro fu terribile. Venuto a sapere della morte dell'amante si precipitò a casa di questi e vedendolo morto si accasciò sul corpo piangendo, rimanendo lì per ore. Fece tagliare le criniere di tutti i cavalli, lui stesso si tagliò i capelli e non permise che nell'accampamento si suonasse o si festeggiasse per molti mesi. Sembrava un uomo finito. Nemmeno l'uccisione di Glauco calmò la sua furia.
Nell’Alexander di Klaus Mann leggiamo:

"Il re si era gettato sul cadavere, urlava con la schiuma alla bocca. Si volle trattenerlo, ma si dibatteva, gli occhi iniettati di sangue. Non si sarebbe mai potuto credere che alcun uomo avesse potuto tollerare una crisi simile, che non esprimeva il dolore, né alcuna sofferenza umana: si trattava invece di un abbandono, una disperazione che noi possiamo recepire solo in parte, che solo gli dei al culmine della disperazione possono conoscere."

Si dice che, per liberarsi dal dolore di quella morte, Alessandro sottomise la tribù dei Cossei e fece
uccidere tutti i giovani in età di combattere (quest'ultima strage prese il nome di “sacrificio funebre per Efestione”). Fece costruire un grande mausoleo per lui a Babilonia, e ordinò un mitico e ciclopico monumento affidandolo all'artista Stasicrate.
L'idea fu poi abbandonata, perché Alessandro morì pochi mesi dopo.

venerdì 20 febbraio 2009

Itaca - Kostantinos Kavafis

Itaca
Kostantinos Kavafis

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.