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domenica 31 ottobre 2010

La bellezza è un attimo...


La bellezza è un attimo... è un segreto... è un segreto.
E' nella pioggia mentre cade;
dentro i sorrisi che colgo all'ultimo istante, quando non so ma mi butto,
quando sento che andrà tutto bene e ci sto appena provando
anche se non lo dico ci credo fino in fondo.
La bellezza è un'equazione del caos... è una medicina pubblica.
E' lì per tutti e tutti prima o poi la trovano,
per poco o tanto tempo che sia, in una cosa o in un'altra.
Ti da la tua occasione, si fa trovare.
E' così veloce che è quasi terapeutica...
si posa come una farfalla da qualche parte piuttosto che da un'altra...
Si, la bellezza però è anche il cuore...
Scoperto.
Pulsante.
Immodificabile.
Intero.
La bellezza è il cuore intero.

sabato 10 ottobre 2009

Renoir au XXe siècle

Agli inizi degli anni 1980, Renoir sperimenta delle vie nuove. Egli inventa un'arte che egli vuole classica e decorativa dominata dal rifugio del mondo moderno, popolata da bagnanti sensuali. Mentre il cubismo e l'astrattismo si sviluppano, il maestro definisce un punto di equilibrio tra tradizione e innovazione.

Renoir au XXe siècle

Galeries nationales
(Grand Palais, Champs-Elysées)

23 settembre 2009 – 4 gennaio 2010

venerdì 25 settembre 2009

Nudi e senza censure

Più di 260 pagine, artisti di tutto il mondo, immagini, disegni e opere d'arte omoerotica di ogni genere. E' "Stripped Uncensured", il secondo volume dell'antologia edita da Bruno Gmunder.

Quando si parla di arte omoerotica spesso si sollevano pareri contrastanti: si va da chi la reputa entusiasmante (ed essenziale per esprimere compiutamente l'identità gay) a chi la trova volgare e fine a sé stessa. Poi ci sono i puristi, per cui l'arte è comunque arte e non ha senso definirla in base ai suoi contenuti. Siccome questo non è un sito che si occupa di discutere l'essenza dell'arte, non ha senso dibattere in questa sede cosa sia o non sia l'arte, tuttavia è innegabile che i soggetti omoerotici hanno rappresentato una vera e propria corrente artistica a partire dagli anni '60. Certo i contenuti omoerotici nelle opere d'arte sono una costante perlomeno dai tempi dell'antica Grecia, però è stato solo a seguito dell'emancipazione della comunità omosessuale che hanno potuto esprimersi in maniera esplicita e senza ambiguità.

Il tentativo di sintetizzare la sensualità e la sessualità gay attraverso opere grafiche di vario tipo è diventata una sfida che sempre più artisti hanno deciso di raccogliere, anche e soprattutto per esprimere la propria identità e il proprio rapporto con la sessualità. Con l'arrivo di internet, poi, la situazione ha subito un'ulteriore evoluzione, offrendo stimoli e visibilità in maniera esponenziale, ma anche permettendo all'arte omoerotica di avere una popolarità impensabile fino a un paio di decenni fa, soprattutto in quelle nazioni in cui non si era mai creato un vero circuito per valorizzare questo tipo di contenuti. Non bisogna poi dimenticare il ruolo che hanno avuto quegli editori che, specializzandosi in questo settore, hanno saputo sfruttare internet per raggiungere una platea pressoché globale.

Questo spiega perché l'editore Gmunder, che fino agli anni '90 si era dedicato prevalentemente alla fotografia e alle guide turistiche gay, da diverso tempo ha deciso di dedicare un numero crescente di antologie e monografie all'illustrazione e all'arte omoerotica contemporanea, diventando un nome di riferimento nel settore. Ed è per questo che, a soli due anni di distanza, dal primo volume di “Stripped”, la Gmunder ha deciso di proporre una nuova antologia dedicata agli artisti che meglio riflettono l'immaginario omoerotico di oggi con le loro opere grafiche. “Stripped Uncensored” riprende il discorso laddove il primo volume si era interrotto, offrendo duecentosessanta pagine di omoerotismo di qualità. Siccome stiamo parlando di un'antologia che raccoglie quasi sessanta artisti non abbiamo lo spazio per analizzarla in dettaglio, ma è comunque possibile inquadrarne i tratti generali.

La prima cosa che balza all'occhio è che, rispetto alla prima antologia, l'età media degli autori coinvolti è decisamente più alta (molti sono nati fra gli anni '50 e '60, ma ce n'è anche qualcuno nato negli anni '30 e '40), segno evidente che la popolarità crescente dell'arte omoerotica sta portando molti artisti ad uscire dal guscio e dal mondo del collezionismo. La seconda cosa è che i soggetti e gli stili sono sempre estremamente variegati, rendendo molto lontani i tempi in cui - anche per via della mancanza di stimoli e confronti - gli artisti omoerotici tendevano a copiare lo stile dei soliti noti (come “Tom of Finland”). La terza cosa notevole è che anche in questa antologia c'è spazio per una rappresentanza italiana, nella persona di Andrea Madalena, che sa tenere ben alta la nostra bandiera.

Giusto per stare in tema di Italia e di arte omoerotica segnaliamo anche un'opera del pittore australiano Ross Watson per cui ha posato il gay performer Alex Baresi durante un suo recente viaggio nella terra dei canguri. Forse varrebbe la pena riflettere sul fatto che Alex Baresi, che - nonostante la fama internazionale dei suoi video hard - risiede ancora a Genova, abbia dovuto trovarsi agli antipodi perché un pittore lo richiedesse come modello. Per il resto si tratta di un'antologia che conferma la bravura crescente degli artisti che si cimentano con l'omoerotismo, usando tecniche che vanno dalla tavolozza classica alla computer graphic, passando per il fumetto, il surrealismo, il ritratto e molto altro ancora.

Se siete appassionati di arte, illustrazione o grafica, omoerotica o non, questa antologia rappresenta un acquisto davvero imprescindibile. Se poi siete artisti omoerotici, o aspiranti tali, troverete un'enorme quantità di spunti interessanti. In ogni caso “Stripped Uncensored”(di cui auspichiamo ulteriori volumi), rappresenta un buon esempio di come si è evoluto l'immaginario omoerotico negli ultimi anni e di come l'arte rimanga un canale privilegiato per rappresentare l'identità gay. "Stripped Uncensored” è reperibile nelle migliori librerie internazionali, in molte librerie online e nelle librerie gay.
Fonte: Gay.it

sabato 19 settembre 2009

Ricci - Giuseppe Rizzo

Segnalo un artista siciliano, le cui opere sono molto interessanti, ha organizzato una mostra a Catania all'inizio dell'anno. Le sue opere sono visibili sul suo sito.

lunedì 20 luglio 2009

Villa del tellaro


Fra il IV e il V secolo la Sicilia subisce un rilancio strategico che ne fa l'avamposto per la penetrazione di Roma nel Nord Africa e nel Mediterraneo, e un rinnovamento economico promosso dalla funzione di fonte alternativa di derrate alimentari. Inoltre, dopo la riforma amministrativa di Diocleziano del 297 d.C., volta a decentrare l'amministrazione statale, il vicariato (il governo cioè di una diocesi amministrativa incorporante più province) diveniva una carica ambita per la nobiltà romana, e le proprietà fondiarie "in loco" un incentivo per monopolizzare le cariche del governo provinciale. Così la Sicilia cominciò ad essere frequentata dalla nobiltà romana di alto lignaggio (sia per ragioni pubbliche che private) che, per gestire meglio i loro interessi, cominciarono a costruire grandiosi complessi residenziali sui loro latifondi. Si trattava di impianti sontuosi, come la Villa di Piazza Armerina, lussuose oasi per le tappe ispettive in proprietà africane, o dimore stabili per una classe ricca e avida di potere, sempre più radicata nei luoghi da amministrare.

La Villa Romana del Tellaro, a Ovest di Eloro, presso il fiume Tellaro, è tra questi edifici: dimora regale, dotata di mosaici simili a quelli più noti di Piazza Armerina, tra cui medaglioni musivi a corone d'alloro nel peristilio, un quadro ispirato all'Iliade, scene di caccia, e molto altro ancora. Per gli esperti i pavimenti musivi sono i più belli e artistici d'Italia e sono divisi in vari registri musivi, che rappresentano scene di caccia, il riscatto del corpo di Ettore ed altri temi. La datazione della Villa è legata al rinvenimento di monete di Imperatori Romani del IV sec. d.C. La Villa probabilmente aveva una superficie di circa cinque mila metri quadrati. Fu distrutta da un incendio, com'è stato possibile arguire dall'esame delle assise di base del fabbricato ottocentesco.


giovedì 9 aprile 2009

Ludwig II, un mito della Baviera

Tre castelli costruiti tra il 1868 e il 1886 (e altri in progetto ma mai realizzati), una splendida residenza di caccia a quasi 1.900 metri d'altezza, il profondo legame con la cugina Sissi, l'amicizia con Wagner (che salvò dalla rovina economica)... questi alcuni dei "numeri" di re Ludwig II, il più famoso sovrano bavarese, un mito del decadentismo ed in assoluto il più conosciuto, amato, controverso e studiato figlio della Baviera.

Ludwig nasce il 25 agosto del 1845 nel castello di Nymphenburg e, dopo un'adolescenza trascorsa spesso lontano da Monaco nella residenza estiva di Hohenschwangau (vicino a Neuschwanstein), sale al trono appena diciottenne nel 1864.

E' uno dei rampolli più in vista delle corti europee: bello, alto un metro e novantuno, slanciato e con due occhi di un azzurro cupo che incantavano tutti. Nel 1867 si ufficializza il fidanzamento del sovrano con la principessa Sophie in Bayern, sua cugina nonchè sorella di Sissi, ma il matrimonio, programmato per il 25 agosto dello stesso anno (poi rimandato a ottobre ed infine al 28 novembre), non c'è mai stato... perchè Ludwig ruppe il fidanzamento ad un mese dalle nozze? Una risposta si trova nei suoi diari segreti, recentemente pubblicati in Germania, dove emerge chiaramente l'omosessualità di Ludwig...

Quello che viene maggiormente apprezzato è la sua attenzione e passione per il sapere, per la conoscenza, con particolare riguardo all'arte medievale e barocca, alla musica di Wagner e alle antiche leggende della tradizione tedesca: per avere un'idea più precisa basta visitare Neuschwanstein, il castello delle favole per eccellenza che ispirò Walt Disney per la dimora della Bella Addormentata, Linderhof, un piccolo gioiello in stile rococò con un parco abbellito da fontane, padiglioni in stile orientale e una magica grotta dove Ludwig si faceva cullare dall'acqua all'interno di una barca a forma di conchiglia, e ancora Herrenchiemsee, la Versailles bavarese, dove emerge la sua passione e venerazione per il re Sole (Luigi XIV di Francia) e la vita alla corte francese nel '600 e nel '700.

I bavaresi, soprattutto i contadini, hanno amato Ludwig e gli dimostrarono sempre un profondo rispetto e devozione, anche quando venne dichiarato pazzo (da una commissione medica che mai lo visitò ma si limitò a sentire le testimonianze di esponenti del governo, camerieri e valletti) e deposto dal trono l'8 giugno del 1886. Il 12 giugno, dopo non poche difficoltà e resistenze, il re venne trasferito in carrozza da Neuschwanstein alla residenza di Berg sul lago di Starnberg, trasformata per l'occasione in una specie di prigione.

"Voglio rimanere un eterno enigma, per me stesso e per gli altri."
Ludwig II

Il 13 giugno 1886, domenica di Pentecoste, Ludwig esprime il desiderio di fare una passeggiata ed il dottor Gudden, suo medico curante, lo accontenta e, vista la tranquillità che traspare dal comportamento del sovrano, non richiede nessun infermiere al loro seguito. Non essendo ancora ritornati alle 20 scatta l'allarme e, dopo una lunga perlustrazione, prima nel parco e poi sulle sponde del lago, alcuni minuti dopo le 23 i corpi senza vita del re e del suo medico vengono ritrovati in acqua. Il mistero della morte rimane tuttora: malore? omicidio? suicidio?

I funerali di Stato - Ludwig è sepolto nella chiesa di St. Michael - si svolsero a Monaco con una partecipazione incredibile di persone: la famiglia Wittelsbach al completo, esponenti delle case reali di mezza Europa, cardinali e vescovi, ma soprattutto tanta, tantissima gente comune, contadini, artigiani, comuni cittadini che volevano rendere l'ultimo omaggio al loro re, al loro "Kini"... la monarchia stava ormai tramontando (Ludwig III sarà costretto ad abdicare nel 1918 per far posto alla Repubblica), lei e tutto quel fascino che tanto ha contribuito a modellare, costruire e a far prosperare sino ai giorni nostri il mito di Ludwig.

Un mito costruito ed alimentato non solo dai castelli - il solo Neuschwanstein attira ogni anno 1 milione e mezzo di turisti - ma anche da biografie, studi, circoli culturali nati in suo onore, musical, siti internet e film, in particolare quello realizzato nel 1972 da Visconti con Helmut Berger e Romy Schneider.


lunedì 6 aprile 2009

Castello di Linderhof

La storia del castello di Linderhof risale al '400, periodo in cui si segnala la presenza nella vallata del Graswang (sud della Baviera, quasi al confine con l'Austria) di un podere di proprietà del vicino monastero benedettino di Ettal ed affidato alla famiglia Linder (da qui il nome di "Linderhof").

Re Massimiliano II lo trasformò nell'Ottocento in un padiglione di caccia e nel 1869 il figlio Ludwig II acquistò il terreno circostante con l'intenzione di costruire una "villa reale", non un palazzo sontuoso e di rappresentanza ma un piccolo rifugio per il sovrano.

Approvati i progetti dell'architetto Georg Dollmann, che in seguito costruirà anche Herrenchiemsee, iniziarono subito i lavori che terminarono nel 1879. Nel 1880 prese vita il meraviglioso giardino - il vero gioiello di Linderhof - che fa da cornice al piccolo castello con le sue perfette geometrie, le fontane, le sontuose statue e due padiglioni di gusto orientale, acquistati all'Esposizione Universale di Parigi nel 1867 e 1878: il chiosco moresco (Maurischer Kiosk) con il suggestivo trono dei pavoni e la casa marocchina (Marokkanisches Haus) che, venduta dal governo bavarese alla morte di Ludwig nel 1886, è stata riacquistata e riportata nel parco nel 1998.

Le sorprese del parco non finiscono qui: nella grotta di Venere (Venusgrotte), ispirata alla Grotta Azzurra di Capri, Ludwig amava passare intere ore a sognare e riflettere facendosi cullare dall'acqua all'interno di una piccola barca a forma di conchiglia che tuttora si può ammirare. Qui viene rievocata una scena del wagneriano Tannhäuser mentre nella capanna di Hunding (Hundinghütte) è ricostruita una scena del primo atto della Valchiria.

All'interno, già a partire dalla sala delle udienze - da notare le decorazioni dorate, l'imponente scrivania e le stuccature del soffitto che rappresentano emblemi della guerra, della pace, della musica e della pittura - si capisce che, malgrado la volontà di Ludwig di mantenere a Linderhof un'atmosfera intima e privata, non manca certo quella monumentalità e ricchezza, in alcuni casi forse eccessiva, tipica di quel gusto rococò che tanto piaceva al sovrano bavarese.

Per realizzare la camera da letto si presero ad esempio quelle più sontuose della Residenz di Monaco mentre il soffitto, completamente affrescato e dedicato all'apoteosi di Luigi XIV, è una idea di Ludwig. Al centro domina il letto con un sontuoso baldacchino avvolto da un tessuto color blu e decorato con lo stemma reale.

Tipico esempio di sfarzo ed eleganza rococò è la sala degli specchi con stucchi bianchi e dorati, consolles, ornamenti, putti che sostengono le lampade ed una serie di quadri sopra alle porte che mostrano scene della vita di corte nella Francia del XVII secolo.

La forma definitiva della sala da pranzo risale al 1872; gli intagli dei pannelli in bianco e oro sono di Ph. Perron e rappresentano i lavori quotidiani che la servitù doveva compiere per soddisfare i bisogni regali (caccia, pesca, agricoltura e giardinaggio). L'enorme centrotavola ed il lampadario provengono dalla manifattura di Meissen.

In mezzo alla stanza c'è il famoso tavolo "Tischlein-deck-dich" (tavolo che si apparecchia da sé), direttamente collegato con le sottostanti cucine attraverso uno speciale marchingegno creato per evitare che il re venisse disturbato da camerieri e valletti mentre mangiava.

Linderhof è aperto da aprile a metà ottobre dalle 9 alle 18 e da metà ottobre a marzo dalle 10 alle 16.
Fonti:
www.tuttobaviera.it
www.schloesser.bayern.de

Castello di Neuschwanstein

Il castello di Neuschwanstein è uno dei simboli della Baviera e della Germania nel mondo. E' il "castello delle favole" per eccellenza, fatto costruire dal "re delle favole" Ludwig II (1845-1886) a partire dal 1869 su progetto dello scenografo Christian Jank. L'idea di edificarlo sullo stile delle antiche residenze feudali tedesche venne al monarca bavarese dopo essere rimasto quasi "folgorato" da una visita nel 1867 alla fortezza medievale di Wartburg in Turingia.
Neuschwanstein, situato nella sud della Baviera quasi al confine con l'Austria, domina dall'alto dei suoi 965 metri i paesi di Füssen e Schwangau ed il magnifico paesaggio circostante.

Walt Disney, rimastone affascinato, prese Neuschwanstein come modello per il castello del suo celebre film d'animazione "La bella addormentata nel bosco" (1959), dimora che è anche presente in tutti i parchi Disney del mondo.

Le sale interne, riccamente arredate, sono un omaggio al genio musicale di Richard Wagner: "Tannhäuser", "Lohengrin", "Tristano e Isotta", "I maestri cantori di Norimberga" e il "Parsifal", un inno al romanticismo e alle antiche leggende germaniche.

Nel corso della visita al castello alcuni ambienti vi colpiranno in modo speciale: prima di tutto la sala del trono in stile bizantino, progettata da E. Ille e J. Hofmann. I gradini di marmo di Carrara portano all'abside che doveva sovrastare un trono d'oro e d'avorio, mai realizzato perchè dopo la morte del re tutti i lavori previsti e non ancora iniziati non vennero portati a termine. I dipinti, opera di W. Hauschild, raffigurano fra l'altro i dodici apostoli, sei re canonizzati ed episodi della loro vita. Al centro dell'abside si vede Cristo con Maria e con l'apostolo prediletto Giovanni mentre all'estremità della sala si può ammirare il dipinto rappresentante "La lotta di San Giorgio con il drago". In questo quadro, a sinistra sopra la roccia, si può vedere il quarto castello progettato dal re, la rocca di Falkenstein, la cui edificazione doveva iniziare nel 1886 ma nello stesso anno Ludwig morì e non se ne fece più nulla. Nel grande candelabro a forma di corona bizantina ed eseguito in ottone dorato sono inserite 96 candele. Per sostituirle e per pulire il candelabro - che tra l'altro pesa parecchi quintali - è stato creato un apposito argano. Il pavimento in mosaico è stato realizzato utilizzando oltre due milioni di tessere.

Nella sala da pranzo troviamo una serie di dipinti raffiguranti scene della leggendaria gara poetica dei cantori svoltasi a Wartburg nel 1207. Richard Wagner si è ispirato a questo tema ed alla leggenda del Tannhäuser per creare una delle sue più belle opere. I quadri sono opera del monacense Ferdinand Piloty, il più famoso dei pittori che ha lavorato nel castello. Sopra la porta, ricoperta da tende in seta color rosso vino, è rappresentato metaforicamente Wolfram von Eschenbach, il poeta del "Parsifal" e del "Lohengrin". Sopra un'altra porta, attraverso la quale si entra nella camera dei servitori, è raffigurato Gottfried von Strassburg, l'autore di "Tristano e Isotta". Il tavolo della sala da pranzo è "normale", non come quelli dei castelli di Herrenchiemsee e Linderhof dove uno speciale marchingegno li fa scorrere dalla sala da pranzo direttamente nelle sottostanti cucine e viceversa in modo tale che nessun servitore potesse disturbare il re mentre mangiava.

Ludwig aveva una predilezione per le camere da letto sfarzose e per questo quella realizzata a Neuschwanstein in stile tardo gotico è ornata da meravigliosi intagli in legno di quercia che si possono ammirare principalmente sul baldacchino del letto, sul lavabo, sulla colonna centrale e sulla sedia di lettura. In questa sola stanza hanno lavorato 14 intagliatori per ben quattro anni. Gli intagli ai piedi del letto rappresentano la risurrezione di Cristo ed alludono alla relazione simbolica fra il sonno e la morte. Le tende, le tappezzerie e le coperte in blu bavarese (il colore preferito del re) sono ornate da ricami rappresentanti lo stemma della Baviera, il cigno ed il leone dei Wittelsbach. Il lavabo era provvisto di acqua corrente; l'acquedotto era alimentato da una sorgente situata a circa 200 metri sopra il castello. La finestra del balcone della camera da letto offre una magnifica vista sulla gola di Pöllath con la sua cascata di 45 m; dietro la gola si può vedere il massiccio del Säuling (2045 metri).

Attraverso una finta grotta di stalattiti e stalagmiti e passando davanti al piccolo giardino d'inverno, si accede al soggiorno reale, costituito da un ampio salone principale e da una saletta, separata da colonne, soprannominata "angolo dei cigni". Il tema delle pareti murali è tratto dalla leggenda del Lohengrin: sopra la stufa è ritratto l'arrivo di Lohengrin ad Anversa, di fronte il miracolo del Graal. Le porte della grande libreria, realizzate in stile romantico, sono ornate da dipinti relativi alle leggende di Tristano e Isotta e di Sigfrido.

Per la costruzione della sala dei cantori fu preso a modello il castello di Wartburg. I dipinti della sala e del corridoio del palco si ispirano alla leggenda di Parsifal. La scena "Il giardino incantato di Klingsor" è opera di Christian Jank. Sopra le due porte presso il palco si trova lo stemma della famiglia reale con l'iscrizione "Ludwig II, re di Baviera, conte Palatino". Questa iscrizione è l'unica nel suo genere in tutto il castello. Quando Ludwig era in vita questa sala - illuminata da più di 600 candele - non venne mai utilizzata; soltanto nel 1933, in occasione del 50° anniversario della morte di Wagner, si tenne un primo grande concerto, al quale ne seguirono altri fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Neuschwanstein è aperto da aprile a settembre dalle 9 alle 18 e da ottobre a marzo dalle 10 alle 16.

I biglietti non si acquistano direttamente al castello ma nel Ticketcenter (ai piedi del castello). La biglietteria apre alle 7.30 (aprile-sett.) e alle 9 (ott.-marzo); vista l'alta affluenza di turisti, conviene arrivare al mattino presto per evitare lunghe code (soprattutto nei mesi estivi). Un biglietto cumulativo permette di visitare anche il vicino e più antico castello di Hohenschwangau, dove Ludwig trascorse gran parte della sua infanzia e giovinezza.

Si può salire al castello a piedi (circa 40 minuti), in carrozza o con un piccolo bus (mezzo più veloce).

Fonti:
www.tuttobaviera.it
www.neuschwanstein.eu

mercoledì 25 febbraio 2009

Magritte a Milano

"E' importante per me evocare il più fedelmente possibile la misteriosa dimensione che risulta dall'unione o dalla trasformazione di oggetti familiari in modo tale che la nuova immagine contraddica completamente la nostra idea ingenua o erudita del mondo. L'arte è per me un modo meraviglioso per evocare il mistero, per nobilitare l'oggetto più comune e renderlo meritevole di essere rappresentato".
"La natura ci offre lo stato di sogno che procura al nostro corpo e al nostro spirito la libertà di cui hanno assolutamente bisogno".

Mistero e Natura sono le parole chiave dell'universo artistico di Renè Magritte e sono le parole che hanno guidato le scelte dei curatori della mostra.
Grazie a prestiti eccezionali del Musées Royaux des Beaux Arts de Belgique, della Fondation Magritte e di numerosi collezionisti privati, sono esposti a Palazzo Reale un centinaio di dipinti insieme ad alcune gouaches e sculture, per raccontare l'arte di René Magritte e in particolare il suo approccio al tema della natura.
Souvenir de voyage 1961

Magritte affronta questa tematica partendo dai primi, e quasi sconosciuti dipinti futuristi, passando dalle immagini più oscure del periodo fra le due guerre, fino ai celeberrimi dipinti prodotti dagli anni '50 in poi. Tra questi, si segnalano alcuni capolavori, come 'Souvenir de voyage' del 1961, che rappresenta una mela verde mascherata per il carnevale, o 'L'heureux donateur' che racchiude i motivi ricorrenti della sua visione specifica della natura, o ancora il famoso 'L'empire des lumières' con la casa immersa nel buio di un parco sullo sfondo di un cielo azzurro coperto da nuvole bianche.

La mostra delinea così la statura di uno dei pochi artisti del '900 che ha posto la natura al centro della sua ricerca, mettendola in relazione con le caratteristiche e i limiti della vita dell'uomo moderno.

I personaggi, gli interni, le nature morte dialogano con gli elementi della natura e compongono paesaggi "interpretati","rivisti", con l'occhio di un lucido e spregiudicato intelletto moderno, sempre presente e sempre attento agli occhi dello spettatore, al punto che alcune delle icone di Magritte sono divenute ormai parte integrante del nostro immaginario collettivo.

Per Magritte - sostiene Arturo Schwarz -il mistero era lo strumento più idoneo per distruggere le abitudini visive e la logica dei luoghi comuni. (...) I metodi preferiti per conseguire questo fine comportavano la trasformazione di un oggetto, o di una situazione, ad un livello sia fisico che semantico. (...) Un cielo notturno illuminato dal sole rappresentava, per lui, la tipica permutazione di una tale situazione e un altro modo di creare un'immagine misteriosa e perciò poetica. Come afferma lui stesso, Magritte "fa urlare gli oggetti più familiari", per imporre, attraverso l'immagine, l'evidenza di un mistero.

Come scrive Michel Draguet, questo mistero, che ha conosciuto numerose declinazioni nell'opera di Magritte, "in ultima istanza non è altro che la natura in ciò che ha di irriducibile alla cultura. La natura è onnipresente nel suo percorso artistico. Fornendo da un lato una miriade di temi che l'artista esplora e combina a piacere e costituendo d'altro canto la cornice di ogni cosa, il contenitore a partire dal quale si determina ogni forma di conoscenza". La natura è il punto di fuga dell'opera di Magritte. (da Mostra di Magritte)

Il futurismo a milano

A febbraio 2009 (il 20 per essere più precisi) sarà celebrato il centenario della pubblicazione del Manifesto del futurismo firmato da Filippo Tommaso Marinetti. La città di Milano fu la culla e il centro propulsore del movimento futurista e per celebrare la ricorrenza saranno dedicate a questo movimento artistico tre grandi mostre, diverse iniziative tra arte spettacolo, musica, incontri ed eventi che animeranno la città lungo tutto il 2009.
Cinquant’anni fa moriva Giacomo Balla, uno dei firmatari del Manifesto dei pittori futuristi. L'ultima retrospettiva dedicata all'artista torinese è stata organizzata ben tretasette anni fa a Roma, nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e un anno dopo, nel 1972, passò in misura più ridotta al Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi.
Fino al 2 giugno, al primo piano di Palazzo Reale, sono esposte 200 opere, tra olii, acquarelli, disegni, assemblaggi, sculture, fotografie e documenti, che raccontano il trentennio più importante della lunga carriera dell’artista, quello che va dal 1900 al 1929. Il lavoro dei curatori, Giovanni Lista, Paolo Baldacci e Livia Velani, si è concentrato sulle opere del periodo prescelto per offrire al pubblico una mostra completa che illustra e spiega le diverse fasi della ricerca artistica di Balla.
La cultura milanese e lombarda si è sempre identificata più in Umberto Boccioni, l’altro grande futurista, e ha tenuto in minor conto la ricerca e l’originalità di Balla. Il pittore torinese entra a posteriori nel futurismo, quando il programma della nuova pittura è già stato formulato da Boccioni in nome di un divisionismo del colore e della forma messo al servizio dei nuovi temi della modernità: la velocità, la macchina, la vita urbana, i moti sociali. Divisionismo e visione fotografica, Analisi del movimento, Ricostruzione futurista dell’universo, Arte-azione futurista e Energie e sensazioni.

sabato 7 febbraio 2009

David La Chapelle


Naomi Campbell, Sarah Jessica Parker, Uma Thurman, Madonna, Paris Hilton, Jennifer Lopez e David Beckham sono solo alcuni dei grandi nomi dello star system che si sono fatti ritrarre in pose insolite e in contesti spesso surreali da colui che in molti definiscono il Fellini della fotografia. E' David La Chapelle, irrequieto e sregolato artista, tra i più irriverenti del panorama artistico mondiale, a cui Parigi rende omaggio con una mostra, alla Galleria del XX secolo, che porta il titolo del suo ultimo lavoro, "Artist & Prostitutes". Il pubblico viene condotto in un labirinto visionario e surreale di immagini, venticinque anni di scatti patinati, che raccontano personaggi noti e storie inaspettate; ma anche venticinque anni di attività a tutto tondo nel mondo della comunicazione e dell'immagine.