Commedia indipendente che probabilmente non vedremo mai nelle nostre sale, Humpday è stata presentata nella sezione Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes e ha vinto il Premio della Giuria al Sundance. La cineasta statunitense Lynn Shelton si misura con un tema difficilmente gestibile come l’omofobia, attraverso la storia di due amici del college, Ben e Andrew, che si rincontrano dopo dieci anni. Ben è sposato, Andrew è un giramondo convinto che la sua vita da artista mancato e piena di donne, sia molto meno bigotta e piatta di quella dell’amico. Una sera, ad una festa, per dimostrare di essere più spregiudicato di quello che pensa Andrew, Ben accetta di aderire ad un progetto artistico: fare sesso con lui davanti a una telecamera. Due etero che vogliono avere la loro prima esperienza gay insieme, pensando che possa essere un modo come un altro di scambiarsi affetto.
Vedo già maschi etero aitanti che storcono il naso e pensano “ma è un film con i finocchi”… come se andandolo a vedere poi si sentono macchiati nel loro ego da predatori… ma dai! Humpday è un film riuscito proprio perché riesce a partire da una situazione analoga allo scetticismo maschile (due etero che vogliono avere un’esperienza gay per diversi motivi: uno per sentirsi un vero artista, l’altro per vedersi meno imborghesito nella sua normale vita domestica), per costruire una commedia dai tempi perfetti e che non pecca nemmeno di banalità. Un film che affronta innumerevoli tematiche, dalla paura di avere una vita piatta se comunemente tradizionale al capire di non essere più aperti di mentalità se invece si è più borderline; dalla paura di un’omosessualità latente al desiderio che la propria vita prenda una piega diversa. Una pellicola che ci offre un punto di vista inconsueto per parlare di omosessualità, due uomini che si vogliono forzare ad avere un rapporto sessuale, che ci porta ad una riflessione immediata su chi ancora sostiene che dall’essere gay si può “guarire”… non capirò mai…
Humpday rimane però soprattutto un film sull’amicizia e sui rapporti affettivi, per ricordarci che l’amore è un sentimento talmente vasto che non si può esprimere solo attraverso la fisicità e non si può categorizzare.
Vedo già maschi etero aitanti che storcono il naso e pensano “ma è un film con i finocchi”… come se andandolo a vedere poi si sentono macchiati nel loro ego da predatori… ma dai! Humpday è un film riuscito proprio perché riesce a partire da una situazione analoga allo scetticismo maschile (due etero che vogliono avere un’esperienza gay per diversi motivi: uno per sentirsi un vero artista, l’altro per vedersi meno imborghesito nella sua normale vita domestica), per costruire una commedia dai tempi perfetti e che non pecca nemmeno di banalità. Un film che affronta innumerevoli tematiche, dalla paura di avere una vita piatta se comunemente tradizionale al capire di non essere più aperti di mentalità se invece si è più borderline; dalla paura di un’omosessualità latente al desiderio che la propria vita prenda una piega diversa. Una pellicola che ci offre un punto di vista inconsueto per parlare di omosessualità, due uomini che si vogliono forzare ad avere un rapporto sessuale, che ci porta ad una riflessione immediata su chi ancora sostiene che dall’essere gay si può “guarire”… non capirò mai…
Humpday rimane però soprattutto un film sull’amicizia e sui rapporti affettivi, per ricordarci che l’amore è un sentimento talmente vasto che non si può esprimere solo attraverso la fisicità e non si può categorizzare.
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